Questo recente studio (1) cerca di far luce su un problema da tempo dibattuto in ambito reumatologico. I pazienti affetti da spondiloartrite assiale radiografica presentano un noto aumento del rischio cardiovascolare, che potrebbe essere mitigato dalla terapia immunosoppressiva. L’articolo proposto valuta l’effetto dell’inibizione del TNF-alfa in un gruppo particolare di pazienti, ovvero in chi ha presentato un evento cardiovascolare dopo la diagnosi di spondiloartrite assiale radiografica. Tale criterio di ingresso seleziona, di fatto, i pazienti a maggior rischio. In tale contesto i dati sui farmaci inibitori del TNF-alfa appaiono incoraggianti essendo associati a un ridotto rischio di recidive.
BACKGROUND e/o DISEGNO DELLO STUDIO
Nel campo della reumatologia è noto da tempo come lo stato infiammatorio che caratterizza le artriti croniche rappresenti, di per sé, un fattore di rischio cardiovascolare. Nelle spondiloartriti assiali radiografiche, in particolare, il rischio di sviluppare un evento cardiovascolare di rilievo raddoppia rispetto ai controlli sani accoppiati per età e sesso. Risulta pertanto intuitivo che le terapie efficaci nel controllare lo stato infiammatorio possano portare alla riduzione di tale rischio. La letteratura, in effetti, ci conforta in tal senso, dimostrando un effetto protettivo dei farmaci di fondo utilizzati in reumatologia, con una particolare attenzione ai farmaci inibitori del TNF-alfa, dove la mole di dati è generalmente maggiore. A fronte di tali premesse, lo studio proposto si propone di valutare l’effetto di questa classe di farmaci in un gruppo di pazienti selezionato, nei quali un evento cardiovascolare ha già avuto luogo dopo la diagnosi di spondiloartrite assiale. La presenza di un evento cardiovascolare in anamnesi rappresenta infatti un significativo incremento del rischio di recidive.
In tali soggetti, quantificare l’effetto protettivo dei farmaci di fondo potrebbe avere un ruolo determinante nella gestione del paziente in concerto con la riduzione dei fattori di rischio cardiovascolare “canonici” e le modifiche dello stile di vita. Sono stati pertanto arruolati i pazienti filtrandone le caratteristiche a partire da un database nazionale coreano a carattere assicurativo. L’incidenza della recidiva di eventi cardiovascolari (infarto del miocardio o stroke) è stata quindi confrontata tra pazienti esposti o meno ai farmaci inibitori del TNF-alfa, escludendo altri farmaci biotecnologici come gli inibitori della IL-17.
RISULTATI
Lo studio ha incluso 413 pazienti, dei quali 338 non esposti ad anti TNF-alfa e 75 esposti. Il tasso di incidenza di eventi cardiovascolari ricorrenti è stati 32 per 1000 persone-anno nel primo gruppo e 19 per 1000 persone-anno nel secondo.
L’analisi dei dati utilizzando la regressione di Cox suggerisce come l’esposizione ai farmaci anti-TNF alfa sia significativamente associata a un ridotto rischio di recidive di eventi cardiovascolari in questi pazienti (hazard ratio 0,33, 95% CI 0,12–0,94) (Tabella 1).
Tabella 1: Modelli Cox ponderati per probabilità inversa
I limiti dei risultati presentati sono da ricercare nella numerosità campionaria, nel numero complessivamente modesto di eventi cardiovascolari maggiori (che non permette inoltre di distinguere tra infarto del miocardio e stroke, oppure tra i diversi inibitori del TNF-alfa) e nella possibile presenza di fattori confondenti. In considerazione, infatti, della numerosità dei fattori di rischio cardiovascolare potenzialmente implicati è possibile un loro uno sbilanciamento nei due gruppi in studio.
Tali risultati devono pertanto essere confermati e validati in ulteriori studi, anche per poter essere estesi a diversi gruppi etnici (arruolamento esclusivo di pazienti coreani).
IMPATTO NELLA PRATICA CLINICA
La valutazione del rischio cardiovascolare nei pazienti affetti da patologie reumatologiche croniche è un tema che sta diventando sempre più sentito nella comunità scientifica, anche nell’ottica di una personalizzazione della terapia proposta. Il presente studio sottolinea due aspetti estremamente interessanti: l’aumento marcato del rischio cardiovascolare nei pazienti affetti da spondiloartrite assiale radiografica che abbiano già avuto un infarto del miocardio o uno stroke (con un incidence rate che passa da 37 a 32) e l’effetto protettivo di una efficace terapia di fondo con inibitori del TNF-alfa.
Questi dati possono essere utili al reumatologo per non sottostimare il problema e per ricordare come, una accurata stima del rischio-beneficio delle terapie proposte non possa prescindere da una valutazione globale del paziente.
COMMENTO
Il target del trattamento delle spondiloartriti si sta lentamente spostando dal gestire la flogosi articolare al trattare il paziente nel suo complesso.
Le recenti raccomandazioni EULAR (2) ci ricordano infatti come l’obiettivo del trattamento sia quello di massimizzare la qualità di vita dei pazienti attraverso il controllo dei sintomi, dell’infiammazione, la prevenzione del danno strutturale e la preservazione/normalizzazione della funzionalità e della partecipazione sociale.
In tale ottica la valutazione del rischio cardiovascolare appare fondamentale, benché complessa. Ulteriori studi saranno necessari per quantificare l’impatto delle terapie disponibili su questo aspetto ma certamente questa appare essere una strada verso una personalizzazione della terapia. Se infatti l’efficacia sul singolo dominio articolare delle varie classi di farmaci può essere sovrapponibile, la valutazione delle comorbilità del paziente potrà certamente aiutarci nell’ottica di una scelta razionale e mirata.
BIBLIOGRAFIA
- Kwon OC, et al. Incidence rate of recurrent cardiovascular events in patients with radiographic axial spondyloarthritis and the effect of tumor necrosis factor inhibitors. Arthritis Res Ther. 2024;26:174.
- Ramiro S, et al. ASAS-EULAR recommendations for the management of axial spondyloarthritis: 2022 update. Ann Rheum Dis 2023;82(1):19-34.