L’artrite psoriasica è notoriamente una patologia con manifestazioni cliniche estremamente polimorfe, con frequenti comorbilità che contribuiscono a rendere difficile una diagnosi precoce. Tale scenario determina un inevitabile ritardo diagnostico, a onor del vero comune a tutta la famiglia delle spondiloartriti. Oggi sappiamo come ritardare la diagnosi di questa patologia, si traduca in un maggior rischio di sviluppare danni a lungo termine, rendendo al contempo più difficoltoso il raggiungimento del target terapeutico. Questo recentissimo articolo ci aiuta a tratteggiare quali caratteristiche cliniche contribuiscano a determinare il ritardo nella diagnosi di questi pazienti identificando, dove possibile, una “finestra di opportunità” terapeutica.
BACKGROUND e/o DISEGNO DELLO STUDIO
Diagnosticare una artrite psoriasica è certamente sfidante in considerazione delle differenti manifestazioni fenotipiche all’esordio. Tale difficoltà si traduce in un ritardo diagnostico significativo che è stato associato, in letteratura, a un peggiore outcome dei pazienti. Nello specifico, ritardare la diagnosi determina un maggior rischio di sviluppare danni articolari, limitazioni funzionali permanenti e una minore probabilità di raggiungere un soddisfacente controllo clinico della malattia. In artrite reumatoide oggi abbiamo ben chiaro il concetto di “finestra di opportunità” ovvero quelle fasi iniziali dell’artrite (tipicamente nelle prime 12 settimane) che identificano una migliore risposta del paziente ai farmaci e in generale una migliore prognosi. E in artrite psoriasica? Nel lavoro di Snoeck Henkemans e colleghi sono stati valutati 708 pazienti affetti da artrite psoriasica afferenti alla coorte olandese DEPAR (Dutch southwest Early Psoriatic Arthritis cohoRt) dal 2013 al 2023. Gli autori hanno analizzato il ritardo diagnostico in questi pazienti stratificandolo in base alla durata e valutandone l’associazione con determinati subset clinici o con la risposta alla terapia.
RISULTATI
Dei 708 pazienti analizzati, il 19% presentava un ritardo diagnostico inferiore alle 12 settimane (breve), il 33% tra 12 settimane e un anno (intermedio) e infine circa il 47% superiore a un anno (lungo). I pazienti con un maggior ritardo diagnostico erano prevalentemente donne con un ridotto numero di articolazioni coinvolte. I domini maggiormente associati alla mancata diagnosi erano quello entesitico e assiale. La durata mediana del ritardo appariva correlabile in misura significativamente maggiore al medico rispetto al paziente. Tra i diversi fenotipi clinici, quelli che portavano a una diagnosi più rapida erano la poliartrite e la dattilite. I pazienti con ritardo diagnostico minore presentavano una maggiore probabilità di raggiungere la MDA rispetto ai pazienti con ritardo superiore a un anno. Sia i pazienti con ritardo breve che intermedio avevano una probabilità superiore a quella dei pazienti con ritardo superiore a 12 mesi di raggiungere una remissione DAPSA. In generale i pazienti con ritardo diagnostico superiore a 12 mesi presentavano una ridotta probabilità di raggiungere la remissione clinica nei primi tre anni di malattia. I PROs (Patient Reported Outcomes) confermano tale andamento, per quanto le differenze siano modeste.
Figura 1: Patient Reported Outcomes dei pazienti in base al gruppo di ritardo diagnostico (1).
IMPATTO NELLA PRATICA CLINICA
Questo studio suggerisce la presenza di una finestra di opportunità in artrite psoriasica, sottolineandone l’importanza benché forse identificabile nel primo anno di malattia e non nei primi tre mesi come in artrite reumatoide. Un altro punto di assoluto rilievo è come il ritardo diagnostico si modifichi in base alle manifestazioni cliniche di malattia, in particolare nelle donne e nei pazienti con manifestazioni non sinoviali di malattia (polientesite e dominio assiale). Anche la normalità o la ridotta elevazione degli indici di flogosi rappresenta una ulteriore difficoltà nel raggiungere la diagnosi.
Tabella 1: Caratteristiche basali dei pazienti affetti da artrite psoriasica precoce associati, mediante analisi univariata e multivariata, a ritardo totale (1)
COMMENTO
L’artrite psoriasica ci dà una possibilità unica, ovvero quella di conoscere a priori il gruppo di persone che hanno maggior probabilità di sviluppare la malattia. A oggi purtroppo si tratta di una possibilità non colta: pur sapendo infatti che nella stragrande maggioranza dei casi la psoriasi cutanea precede l’artrite, ci scontriamo quotidianamente con la difficoltà di una patologia variegata e polimorfa, resa ancora più complessa dalla presenza di comorbilità confondenti come la fibromialgia, l’osteoartrosi o l’obesità. In questo scenario diventa fondamentale chiarire se una finestra di opportunità effettivamente esista, definirla temporalmente e capire come identificare i pazienti a maggior rischio di un ritardo diagnostico e quindi di una peggiore prognosi. La stratificazione dei pazienti con psoriasi a maggior rischio e l’uso delle tecniche di imaging in particolare nei pazienti con sintomatologia assiale\entesitica saranno fondamentali per confinare il ritardo diagnostico al primo anno di malattia e sfruttare appieno le possibilità terapeutiche che i continui progressi della ricerca medica ci offrono.
BIBLIOGRAFIA