L’adeguata aderenza al trattamento è un caposaldo per il successo terapeutico nelle malattie immuno-mediate (IMID). Lo studio indaga quale sia la percezione dei pazienti con IMID sulle varie terapie effettuate, e quali siano i principali fattori associati alla non-aderenza. I risultati dimostrano una percentuale rilevante di non-aderenza al trattamento nei pazienti con IMID, specialmente in terapia con farmaci convenzionali. Una bassa percezione dell’utilità del trattamento è risultata associata alla non-aderenza. Vari fattori, tra cui la presenza di sintomi-segni di depressione, sono risultati associati alla percezione della necessità della terapia.
BACKGROUND
Secondo l’OMS, l’adesione alla terapia è definita come il grado di assunzione da parte del paziente di farmaci, di una dieta, o l'adozione di cambiamenti nello stile di vita che siano coerenti con le raccomandazioni date dall’operatore sanitario. Come già discusso in un precedente articolo, l'aderenza al trattamento è di particolare importanza nelle malattie infiammatorie immunomediate (IMID), le quali richiedono, proprio per la loro caratteristica di cronicità, un trattamento a lungo termine. È stato dimostrato come la mancata adesione al trattamento abbia un impatto negativo per i pazienti a più livelli, quali un aumento dell'attività di malattia, una riduzione dell’efficacia terapeutica, un aumento del rischio di riacutizzazione e, in definitiva, una riduzione della qualità di vita. Tutto questo comportando anche, ovviamente, un aumento dei costi per il sistema sanitario. Tuttavia, dagli studi emerge una percentuale di non-aderenza rilevante nelle IMID (fino al 50-60%). Molteplici fattori sono in grado di influenzare l’aderenza alla terapia; tra questi, la percezione del paziente sulla necessità e i rischi legati ai farmaci sembra essere quello più incisivo. Lo studio in oggetto (multicentrico e internazionale) ha lo scopo di valutare la percezione dei pazienti su benefici e rischi delle terapie in 6 malattie immuno-mediate, e di indagare quali fattori possono influenzare questa percezione. Le malattie oggetto dello studio sono: rettocolite ulcerosa (RCU), malattia di Crohn (MC), spondilite anchilosante (SA), artrite reumatoide (AR), artrite psoriasica (PsA) e psoriasi (PS).
RISULTATI
Sono stati esaminati i dati di 7328 pazienti provenienti da 34 Paesi (56,8% dei pazienti reclutati da Europa occidentale e Canada). Il rapporto maschi/femmine è risultato molto variabile a seconda della malattia considerata (percentuali di sesso femminile da 29% in SA a 82 % in AR), così come l’età mediana di malattia (da 38 anni in MC a 55 anni in RA). Un percentuale significativa dei pazienti presentava comorbidità, con un picco del 67% nella AR. Il tipo di terapia effettuata era: nei pazienti con PsA e CD, uniformemente distribuito fra terapia biologica (sia in monoterapia che in combinazione) e terapie convenzionali; in PS e SA con prevalenza di anti-TNF; in AR e RCU con prevalenza di terapia convenzionale.
Percezione generale sul trattamento
Sulla base del BMQ-General subscale score, è stata rilevata una percentuale significativa di pazienti con percezione negativa sul trattamento: dal 9 al 20% avevano l’idea di medicina come “veleno”, e dal 15 al 24% il timore di sviluppare una forma di dipendenza dal farmaco. La percentuale maggiore è stata rilevata nei pazienti con AR, la minore in quelli con RCU e MC. La convinzione di una eccessiva fiducia da parte del medico sui farmaci era variabile (dal 28 al 46% dei casi), a seconda della malattia considerata. Infine, la credenza di dover periodicamente sospendere la terapia per un certo periodo coinvolgeva fino al 28% dei casi, con un picco nei pazienti con PS.
Percezioni specifiche su benefici e rischi del trattamento
Sulla base del BMQ-Specific Necessity subscale score (valore maggiore = maggiore utilità della terapia), risultava che i pazienti in terapia con anti-TNF (sia in mono che in combinazione) avevano una percezione di maggior beneficio dal trattamento rispetto ai pazienti in terapia convenzionale.
I valori mediani di BMQ-Specific Concerns subscale score (valore maggiore = maggiore rischio della terapia) erano relativamente bassi, indicando che la perplessità sui rischi di una terapia è minore rispetto a quella legata ai benefici. Inoltre, non vi erano differenze significative fra le diverse classi di terapie.
Questi dati sono riassunti nella figura sottostante.
Percezione sulla durata di malattia e sintomi depressivi
Sulla base della risposta alla domanda: ''Per quanto tempo pensi che continuerà la tua malattia?", una elevata percentuale di pazienti era consapevole della natura cronica della patologia. Risultava invece minore la percezione riguardo l’impatto della malattia sulla sfera emozionale. Tuttavia, una percentuale rilevante di pazienti mostrava segni e sintomi suggestivi di depressione, con un minimo nei pazienti con MC (14%) e un massimo nei pazienti con AR (21%).
Percezione dei pazienti sulla aderenza al trattamento
In tutte le IMID considerate, l’aderenza al trattamento riportata dai pazienti era maggiore nei tratti con anti-TNF in monoterapia o in combinazione (60-80%), rispetto ai trattati con terapia convenzionale (28-65%). La minore percentuale di aderenza self-reported riguardava i pazienti affetti da SA trattati con terapia convenzionale.
Questi dati sono riassunti nella figura sottostante.
Fattori associati alla aderenza terapeutica
In accordo con l’analisi di regressione logistica, la terapia con anti-TNF, l’età avanzata, la razza caucasica e una maggiore percezione del beneficio della terapia erano i fattori associati a una maggiore aderenza al trattamento (vedi figura sottostante). In particolare, l’età avanzata e la percezione dell’utilità della terapia risultavano associati all’aderenza in tutte le IMID analizzate. La figura sottostante riassume i fattori associati alla percezione su una maggiore necessità del trattamento.
IMPATTO NELLA PRATICA CLINICA
L’impatto nella pratica clinica dell’argomento trattato dallo studio è estremamente rilevante. Infatti, prima ancora della specifica efficacia di una terapia nel fornire beneficio clinico, risulta fondamentale l’aderenza del paziente al trattamento stesso. Studi precedenti hanno dimostrato come solo una piccola quota di non-aderenza (10-20%) sia legata a fattori indipendenti dalla volontà del paziente (es. dimenticanza, fattori logistici), mentre la causa preponderante sia legata alle perplessità del paziente sul trattamento assunto.
Un primo risultato importante, e relativamente preoccupante, dello studio consiste nella elevata percentuale di pazienti con una scarsa aderenza al trattamento, specialmente se si considerano le terapie convenzionali. La terapia parenterale, quale quella con anti-TNF, sembra essere più rispettata dai pazienti. Questo è comprensibile, sia se si pensa al fatto che le terapie infusionali richiedano l’accesso del paziente alla struttura sanitaria, sia considerando che questi farmaci vengono utilizzati in stadi più severi di malattia.
È inoltre interessante notare come la non-aderenza risulti associata prevalentemente al dubbio che la terapia effettuata non sia necessaria o non porti a un beneficio in termini di stato di salute per il paziente, piuttosto che ai rischi a essa associata. Da un lato, questo può indicare un’adeguata informazione da parte del medico sugli effetti collaterali delle terapie, che sono generalmente modesti, dall’altro però suggerisce un’insufficiente informazione circa il beneficio della terapia. Lo sforzo del medico nel far comprendere al paziente la necessità di una terapia a lungo termine deve, pertanto, essere maggiore; e questo, secondo i risultati dello studio, vale sostanzialmente per tutte le malattie immuno-mediate e per tutti gli ambiti specialistici.
Infine, anche da questo studio risulta una significativa (10-20%) percentuale di pazienti con manifestazioni depressive, che sono risultate negativamente correlate alla percezione sulla necessità della terapia.
COMMENTO
Questo interessante articolo tratta un aspetto fondamentale che coinvolge trasversalmente tutte le malattie immuno-mediate: l’aderenza al trattamento dei pazienti. Sebbene una certa quota di pazienti non-aderenti sia prevedibile, considerando i molteplici fattori alla base del fenomeno, il medico ha un ruolo fondamentale nel cercare di ridurre al minino questa percentuale. In particolare, la stretta associazione fra la percezione di utilità del trattamento e l’aderenza al trattamento stesso sottolinea come un’adeguata informazione del paziente circa i benefici della terapia, oltre ovviamente ai relativi rischi, possa ridurre in modo significativo il fenomeno della non-aderenza al trattamento nelle malattie immuno-mediate.