I pazienti con malattia infiammatoria cronica intestinale (MICI) sono sottoposti a un carico infiammatorio cronico recidivante-remittente e auto-sostenuto nel tempo. A oggi, l’asticella terapeutica delle MICI si è gradualmente innalzata con i più recenti consensus che si stanno muovendo verso un target molto più ambizioso, ovvero la disease clearance. In precedenza, infatti, l’obiettivo massimo raggiungibile come target terapeutico era la remissione profonda, intesa come la contestuale presenza di remissione clinica, biochimica, endoscopica e, infine, istologica. Il concetto di disease clearance invece alberga in sé la sovrapposizione della qualità della vita del paziente MICI con quello della popolazione generale.
L’attività fisica, svolta regolarmente, è uno dei determinanti di una normale qualità della vita. Questo studio trasversale ha voluto pesare i livelli di attività fisica in un campione di pazienti MICI al fine di identificarne i pattern nonché le barriere/facilitatori associati. È emerso un preoccupante tasso di inattività fisica associato a radicate paura MICI-relate nei pazienti che impediscono il regolare svolgimento di attività fisica da parte di questi pazienti, suggerendo la necessità di stabilire dei meccanismi di riparo a tale danno in fase precoce.
BACKGROUND
In tale studio monocentrico sono stati arruolati oltre duecento pazienti con MICI accertata e tali pazienti sono stati profilati dal punto di vista clinico-demografico e dal punto di vista dell’attività fisica, valutata mediante un questionario standardizzato, ovvero l’International Physical Activity Questionnaire (IPAQ). L’IPAQ ha mostrato una validità particolarmente spiccata nel pesare i livelli, stratificati per intensità di attività fisica, al fine di individuare quali pazienti, sulla scorta del punteggio totale dell’IPAQ, possono essere classificati come inattivi fisicamente. Dall’altro lato della medaglia, inoltre, l’IPAQ riesce anche ad individuare quali pazienti, al contrario, hanno una produttiva e costante attività fisica tale da comportare benefici alla salute e sono, per tale motivo, identificati come Health-Enhancing Physical Activity subjects (HEPA). I livelli di attività fisica dell’IPAQ sono espressi, inoltre, numericamente come multipli del tasso metabolico a riposo (Met).
RISULTATI
Dell’intero campione di pazienti, ben il 42,9% è stato classificato come interamente inattivo e solo il 4,1% ha rispettato i criteri HEPA. La mediana dei livelli complessivi di attività fisica (ossia, 834,5 Met minuti/settimanali) era appena sopra la soglia IPAQ per l'inattività (ossia, 700 Met minuti/settimanali).
Un dato interessante fornito dallo studio è l’assenza di impatto dell’attività di malattia MICI (pesata mediante il Patient-Reported-Outcome-2, PRO-2) sui livelli di attività fisica. In altri termini (pur se lo studio escludeva pazienti con malattia severa) non vi era differenza in termini di punteggi IPAQ tra pazienti con MICI in remissione, in attività lieve o in attività moderata. Né vi era, in aggiunta, una chiara differenza tra pazienti con malattia di Crohn e pazienti con colite ulcerosa, suggerendo che neanche il fenotipo di malattia impattava davvero sui livelli di attività fisica. Nonostante questo è stata identificata una correlazione negativa di sottogruppo tra il PRO-2 nei pazienti con colite ulcerosa e l’attività fisica IPAQ di grado intenso suggerendo che, solo per tali forme di attività, una peggiore attività di malattia in colite ulcerosa si associava effettivamente a una minore tendenza a svolgere tali forme di intensità di attività fisica.
Ulteriore dato interessante fornito dal paziente è una maggiore propensione dei pazienti con MICI in trattamento biologico a svolgere attività di grado moderato, fornendo la suggestione che, probabilmente, l’ottimale controllo dell’attività di malattia biologico-indotto, può rassicurare il paziente nello svolgere attività fisica di maggiore intensità.
In aggiunta, lo studio ha anche identificato alcune barriere associate all’inattività fisica connesse alla MICI. Sembra, dai dati del lavoro, che i pazienti inattivi fisicamente temono che sottoponendosi a una regolare attività fisica possano peggiorare l’attività di malattia della loro MICI o, se inattiva, esporsi a una recidiva di malattia. Come se ciò non bastasse tali pazienti fanno risalire la fonte di tali paure proprio al momento della prima diagnosi, in quanto dichiaravano che, in precedenza a tale diagnosi, erano maggiormente più propensi a esercitarsi regolarmente fisicamente.
Infine, alcuni sintomi MICI-relati sembrano essere più impattanti di altri nel frenare il paziente in tal senso. L’urgenza evacuativa e il dolore addominale sono quelli maggiormente imputati dai pazienti.
IMPATTO NELLA PRATICA CLINICA
Gli IBDologi hanno una importante finestra di opportunità suggerita dai risultati di tale studio. Diversi sono gli spunti di riflessione:
- Importanza di identificare precocemente in pratica clinica l’inattività fisica: questo può essere svolto, come suggerito da tale studio, con questionari semplici e veloci come l’IPAQ;
- Importanza di approcciare in maniera cognitivo-comportamentale il paziente in fase precoce alla prima diagnosi per stabilire un freno concettuale alle paure che il paziente può erroneamente sviluppare contro l’attività fisica;
- Importanza di ottimizzare la terapia per le MICI verso alcuni sintomi più impattanti quali il dolore addominale e, soprattutto, l’urgenza evacuativa verso cui, a oggi, tanto la terapia topica quanto la terapia avanzata biologica/piccole molecole possono fornire un valido aiuto;
- Importanza di monitorare i livelli di attività fisica nel paziente MICI onde evitare il rischio di una ricaduta in fasi prolungate di sedentarietà.
COMMENTO
L'attività fisica regolare è un fattore importante nel miglioramento della qualità della vita e della salute mentale e fisica, e questo vale anche per i pazienti con MICI. L’OMS, infatti, raccomanda per tutti, inclusi pazienti con disabilità, una regolare attività fisica proporzionale alle capacità e alla tolleranza individuale. Tuttavia, è cruciale comprendere che la MICI può influenzare la capacità di un paziente di impegnarsi in attività fisiche a causa di sintomi come la fatigue, il dolore addominale, la diarrea e l’urgenza evacuativa. Nondimeno si associano anche barriere psicologiche MICI-relate di non poco conto. Nonostante l'importanza dell'esercizio fisico, non è chiaro quale tipo e intensità di attività siano più adatti per questi pazienti MICI, né si conoscono completamente i livelli di adesione effettiva e i fattori o le barriere specifiche che li impediscono di mantenere una routine di esercizio regolare. Questo lavoro aggiunge un tassello al puzzle di questo intricato rapporto tra MICI ed esercizio fisico ma studi più ampi sono necessari. Ci preme, infatti, conoscere il reale impatto di livelli di attività fisica intensa continuativa sull’attività di malattia della MICI. Occorre quindi, capire se l’attività fisica possa essere realmente una misura terapeutica complementare nelle MICI dove, tra l’altro, si candida a pieno titolo come misura per la sarcopenia, problematica di cui una rilevante porzione di pazienti con MICI soffre.
In conclusione, è essenziale che i clinici che si occupano di MICI riconoscano l'importanza dell'attività fisica regolare per migliorare la qualità della vita dei pazienti con MICI e affrontino in maniera pro-attiva le barriere fisiche e psicologiche che ne impediscono l'adozione, promuovendo un approccio terapeutico olistico che includa l'attività fisica come componente chiave per il raggiungimento della reale disease clearance!
BIBLIOGRAFIA